IL TRIBUNALE
   Premesso che con ordinanza del 21 luglio 1999 il g.u.p. di Roma  ha
 denunciato   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  247,  comma
 2-bis, d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, interpolato dall'art. 3, comma
 3, d.-l. 24 maggio 1999, n. 119, per violazione  dell'art.  3  Cost.,
 nella  parte  in  cui  differisce  il  termine d'acquisto d'efficacia
 dell'art.  34, comma 2-bis c.p.p., interpolato dall'art. 171,  d.lgs.
 19 febbraio 1998, n. 51, dal 2 giugno 1999 al 2 gennaio 2000,
                             O s s e r v a
   In  sede  di conversione del d.-l. 24 maggio 1999, n. 145, la legge
 22 luglio 1999, n. 234, ha disposto con l'art. 3-bis  comma  1,  che:
 "fino  alla  data  del  2  gennaio  2000, l'art. 34, comma 2-bis, del
 c.p.p.  inserito dall'art. 171 del d.lgs. 19  febbraio  1998,  n.  51
 (11),  non si applica ai procedimenti nei quali l'udienza preliminare
 e' in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione
 del presente decreto. Restano comunque salvi gli atti e le  attivita'
 compiuti dal giudice".
   Cio' posto la questione di legittimita' costituzionale  prospettata
 dal  g.u.p.  di  Roma  con la precitata ordinanza del 21 luglio 1999,
 mantiene la sua rilevanza.
   Come osservato nella citata ordinanza "sotto il profilo  della  non
 manifesta  infondatezza  della  questione,  va  evidenziato  che, sin
 dall'immediatezza dell'entrata in vigore  del  codice  del  1989,  la
 Corte costituzionale, attraverso una serie reiterata d'interventi; ha
 provveduto  a  colmare  in molte parti le lacune del quadro normativo
 evocato dall'art. 36 lett. g),  c.p.p.  in  tema  d'incompatibilita',
 tracciando, gia' con la sentenza n. 496 del 1990, una linea ideale di
 demarcazioe tra attivita' svolte durante le indagini preliminari tali
 da  condizionare  (o  da  far  apparire  condizionato)  il successivo
 accertamento del dovere di punire ed attivita' non  implicanti  alcun
 condizionamento.
   Le  prime, consistenti in valutazioni non formali, ma di contenuto,
 dei risultati delle indagini preliminari, avrebbero dovuto costituire
 altrettante ipotesi d'incompatibilita'.
   Quest'ultimo principio e' stato successivamente ribadito, sia dalla
 Corte costituzionale 15 dicembre 1994,  n.  453,  la'  dove  ritenuto
 sussistente l'incompatibilita' allorche' "l'aspetto sostanziale della
 funzione  di giudizio si concreti in una valutazione del merito delle
 indagini, complessivamente considerate nel loro stadio terminale,  ai
 fini  dell'eventuale  adozione  di  un  provvedimento  idoneo a porre
 termine definitivamente al procedimento e a devolvere la regiudicanda
 alla sede processuale", sia dalla Corte costituzionale,  6  settembre
 1995,  n.  432, per la quale e' insufficiente al fine d'escludere una
 causa d'incompatibilita', cogliere la "differenza tra valutazioni  di
 tipo  indiziario che il giudice compie in sede d'indagine preliminari
 e giudizio sul merito dell'accusa  all'esito  del  dibattimento",  ma
 occorre  "anche considerare, piu' specificamente, la possibilita' che
 alcuni  apprezzamenti  sui  risultati  delle   indagini   preliminari
 determinino  un'anticipazione  di  giudizio  suscettibile  di  minare
 l'imparzialita' del giudice".
   Non di meno, la Corte costituzionale, al fine  di  negare,  in  via
 generale,  l'incompatibilita' tra le funzioni di giudice dell'udienza
 preliminare e quelle di giudice per le indagini preliminari, ha fatto
 leva sull'esplicito intendimento del legislatore .... di evitare  che
 al  provvedimento  di  rinvio  a  giudizio  fosse  attribuito un peso
 eccessivo, e quindi una portata condizionante  sui  successivi  esiti
 del  processo",  infatti,  ove  si  dovesse  ritenere  che  l'udienza
 preliminare e' giudizio  a  tutti  gli  effetti"  -  argomenta  Corte
 costituzionale,  5  febbraio  1996,  n.  24  -  "detta  decisione  si
 trasformerebbe  in  una  pesante   ipoteca   gravante   sul   destino
 processuale  dell'imputato  a  causa  della  predelibazione sulla sua
 responsabilita' penale".
   Il  legislatore,  tuttavia,  si  muove  lungo  opposta  direttrice,
 allorche'  interpolando,  con  l'art. 171 del citato d.lgs. n. 51 del
 1998, il  comma  2-bis,  nell'art.  34  c.p.p.,  individua  nell'aver
 "esercitato  funzioni di giudice per le indagini preliminari" un vero
 e proprio requisito negativo di capacita' del giudice, il quale,  per
 cio'  soltanto, "non (potra') emettere il decreto penale di condanna,
 ne' tenere l'udienza  preliminare;  inoltre,  anche  fuori  dei  casi
 previsti dal comma 2, non (potra') partecipare al giudizio".
   Sic  stantibus  rebus,  la  nuova  causa d'incompatibilita' opera a
 prescindere dal tipo e dal contenuto dell'intervento del giudice  per
 le  indagini  preliminari, a fronte d'un esercizio della funzione del
 giudice per l'udienza preliminare, la quale non tollera piu'  in  via
 assoluta, pregressi interventi".
   Le  predette  osservazioni  condivise  in  toto da questo g.u.p. si
 attagliano  perfettamente  al  processo  n.  14491/1996  del   g.u.p.
 instaurato  nei  confronti  di  Buldrini  Marcello  e  Mastracchio M.
 Antonia.
   Infatti in detto processo questo g.u.p. ha  adottato  provvedimenti
 quali:  revoca  misura cautelare con ordinanza del 24 settembre 1997;
 proroga indagini preliminari con ordinanza  del  7  maggio  1997,  e'
 stata  inoltre  celebrata  l'udienza  preliminare  del  4 maggio 1999
 rinviata al 5 ottobre 1999.
   Ne  consegue  che  come  osservato  nella  predetta  ordinanza   di
 rimessione  del 21 luglio 1999 che: "al fine di valutare se una legge
 sia  o  no  in  contrasto  con  il  principio  d'uguaglianza  non  e'
 sufficiente  che  la  stessa  non contraddica i precetti inderogabili
 posti dall'art.    3,  primo  comma,  Cost.,  essendo  violato  detto
 principio anche quando la legge; senza una ragionevole motivo, tratti
 diversamente  cittadini  i  quali si trovino in uguali situazioni, e'
 necessario   convenire   che   nulla    consente    di    distinguere
 ragionevolmente  fra  due  situazioni,  nelle quali l'esercizio della
 funzione di giudice dell'udienza preliminare sia allo stesso modo  in
 corso,  vigendo  comunque  in  entrambe  le  ipotesi  una  previsione
 d'incompatibilita';  neppure  puo'  essere  considerato   ragionevole
 motivo  di  differenziazione  di  trattamento  l'esigenza  di evitare
 nell'immediato, l'inefficienza  e  le  disfunzioni  del  sistema  per
 effetto   della   nuova   causa   d'incompatibilita',   la'  dove  e'
 ragionevole, piu' tosto, prevedere che esse possano riproporsi,  tali
 e quali, allo scadere del nuovo termine, poiche' non sono ammissibili
 soluzioni,  le  quali anziche' basarsi sugli incontrastabili principi
 desumibili  dal  sistema,  siano  finalizzate,  invece,  a trovare un
 rimedio alle difficolta' pratiche che  si  teme  possano  mettere  in
 pericolo l'efficienza operativa del processo penale".